Sunday, December 31, 2006

Mastro-Don Gesualdo: Good, but not as good as I Malavoglia. It was relentless, unrelievedly grim; there was some respite in I Malavoglia. Not that Verga is brutal: he seems acutely aware of the suffering he inflicts on his characters, of the bleak lovelessness to which he condemns them. But this was too much.
Still, there was some breathtaking writing. The best description was of the two old brothers, Don Diego and Don Ferdinando, the last of the Trao line, doddering around their terrace, passing in review the plants. The flowers and leaves nod in the breeze like the old men, who wobble on feeble limbs, their heads unsteady with age, wisps of white hair floating. Except, of course, that the plants are growing, while the brothers are the living dead, and no one is taking care of them. Verga likes to compare his characters to animals — in fact for this novel he kept a list of characters, and next to each name a series of adjectives and the animal the character resembles. It seems a blunt way of saying: suffering makes you an animal, inarticulate as an animal. But the Trao brothers, who die slowly through hundreds of pages and hardly ever speak, seem to have sunk to the level of vegetables:

Da gran tempo, ogni giorno, alla stessa ora, donna Giuseppina Alòsi che stava al balcone facendo la calza per aspettare la passata di Peperito, don Filippo Margarone mentre rivoltava la conserva di pomidoro posta ad asciugare sul terrazzo , l'arciprete Burno nell'appendere al fresco la gabbia del canerino, fin coloro che stavano a sbadigliare nella farmacia di Bomma, se volgevano gli occhi in su, verso il Castello, al di sopra de' tetti, solevano vedere don Diego e don Ferdinando Trao, un dopo l'altro, che facevano capolino a una finestra, guardinghi, volgevano poi un'occhiata a destra, un'altra a sinistra, guardavano in aria, e ritiravano il capo come la lumaca. Dopo qualche minuto infine aprivasi il balcone grande, stridendo, tentennando, a spinte e a riprese, e compariva don Diego, curvo, macilento, col berretto di di cotone calcato sino alle orecchie, tossendo, sputando, tenendosi, all'inferriata con una mano; e dietro di lui don Ferdinando che portava l'annaffiatoio, giallo, allampanato, un vero fantasma. Don Diego annaffiava, nettava, rimondava i fiori di Bianca; si chinava a raccattare i seccumi e le foglie vizze; rimescolava la terra con un coccio; passava in rivista i bocciuoli nuovi, e li covava cogli occhi. Don Ferdinando lo seguiva passo passo, attentissimo; accostava anche lui il viso scialbo a ciascuna pianta, aguzzando il muso, aggrottando le sopracciglia. Poscia appoggiavano i gomiti alla ringhiera, e rimanevano come due galline appollaiate sul medesimo bastone, voltando il capo ora di qua e ora di là, a seconda che giungeva la mula di massaro Fortunato Burgio carica di grano, o saliva dal Rosario la ragazza che vendeva ova, oppure la moglie del sagrestano attraversava la piazzetta per andare a suonare l'avemaria. Don Ferdinando stava intento a contare quante persone si vedevano passare attraverso quel pezzetto di strada che intravvedevasi laggiù, fra i tetti delle case che scendevano a frotte per la china del poggio; don Diego dal canto suo seguiva cogli occhi gli ultimi raggi di sole che salivano lentamente verso le alture del Paradiso e di Monte Lauro, e rallegravasi al vederlo scintillare improvvisamente sulle finestre delle casipole che si perdevano già fra i campi, simili a macchie biancastre. Allora sorrideva e appuntava il dito scarno e tremante, spingendo col gomito il fratello, il quale accennava di sì col capo e sorrideva lui pure come un fanciullo. Poi raccontava quello che aveva visto lui: — Oggi ventisette!… ne sono passati ventisette… L'arciprete Bugno era insieme col cugino Limòli!…
Per un po' di giorni, verso i primi d'agosto, era venuto soltanto don Ferdinando ad annaffiare i fiori, strascinandosi a stento, coi capelli grigi svolazzanti, sbrodolandosi tutto a ogni passo. Allorché ricomparve don Diego, parve di vedere Lazzaro risuscitato: tutto naso, colle occhiaie nere, seppellito vivo in una vecchia palandrana, tossendo l'anima a ogni passo: una tosse fioca che non si udiva quasi più, e scuoteva dalla testa ai piedi lui e il fratello che gli dava il braccio, come andasse facendo la riverenza a ogni fiore. E fu l'ultima volta.

~to be translated~

And I learned some new words:

arrabattarsi__ to make a great effort in vain, often in pursuit of some worthless goal. From the Arabic "ribat," "attack on, attempt to convert, the infidels."

gattamorta__ person who, under a calm and innocent demeanor, hides a bitter and aggressive or malevolent character. Literally, "dead cat."

biascicare__ 1. to keep food in one's mouth for a long time, drooling and not chewing; 2. to mumble

It calls to mind strascicare, "to drag along."

Verga reminds me a lot of Hardy — the bitter grimness, the tragedy too dry for tears. In both authors the beauty of the prose owes a lot to everyday (country) speech

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